La via per trovare l’amore di Dio per San Francesco di Sales era quella dell’attesa fiduciosa in tutte le circostanze di vita. Scrive in una lettera a Giovanna del 16 gennaio 1610: “Attendere attendendo vuol dire non impazientirsi nell’attesa, dato che vi sono molti che quando attendono, non attendono, perché si turbano e si impazientiscono”.

Ed in queste parole c’è tutto il senso della tecnica della meditazione così come anche noi, ancora oggi, abbiamo imparato a farla.

Mettiti seduto e rimani immobile con gli occhi chiusi, focalizza la tua attenzione sul respiro. Inizia a ripetere una parola dentro di te, Sales, collegandola al ritmo del tuo respiro. Quando inspiri recita “sa”, quando espiri recita “les”.

Quando i pensieri arrivano non scacciarli, ma non assecondarli con ragionamenti, non cercare soluzioni. Semplicemente osservali, con distacco, mentre continui a ripetere dentro di te: sa-les.

Nell’attesa della Sua presenza e dell’ascolto della sua parola in noi, non possiamo arrivare a percepire Dio se nell’attesa non siamo veramente capaci di attendere, se ci distraiamo o ci spazientiamo in un sentimento negativo di frustrazione e di malessere, dovuto alla nostra inutilità e all’apparente inutilità di quell’attesa.

“Con la grazia di Dio, mia cara Figlia, faremo bene. E, sebbene sia carico di piccole traversie e di segrete contraddizioni che si potrebbero opporre alla mia tranquillità, queste stesse traversie e contraddizioni mi danno una tranquillità così dolce e soave, che non si può immaginare qualcosa di meglio, e mi fanno presagire, mi pare, che la mia anima riuscirà presto a stabilirsi nel suo Dio, realizzando quella che, a mio parere, non è solo la grande, ma anche l’unica ambizione e passione del mio cuore. E quando io parlo della mia anima, intendo parlare della mia anima tutta intera, comprendendo, quindi, anche quella che Dio mi ha unita inseparabilmente”.

Come vedete, San Francesco di Sales non parla di assenza di inquietudini e contraddizioni per arrivare a Dio tramite la nostra anima, inquietudini che non potremo mai eliminare completamente dalla nostra vita, ma suggerisce una tecnica semplice per andare al di là delle inquietudini e mettersi nell’ascolto affinché, nonostante tutto, possiamo arrivare alla dolcezza del cuore nonostante le difficolta terrene, che sembrano a quel punto dissolversi alla luce della Sua presenza.

E’ quello che noi intendiamo quando parliamo di “Vero Sé”: vale la pena mettersi in cammino, per acquisire la tecnica del puro ascolto, che poi non è una tecnica ma è un modo di essere. Solo così possiamo sperimentare una vera pace e una vera gioia nel Suo amore, nonostante le difficoltà. Diventiamo capaci di una accettazione incondizionata e fiduciosa degli eventi della vita e siamo capaci di abbandonare ciò che non ci appartiene.

“Il vostro modo di meditare è buono: badate solo a restare unita a Dio in cotesta dolce e tranquilla attenzione di cuore, in cotesto dolce sonno fra le braccia della sua Provvidenza e in cotesto dolce abbandono alla sua santa volontà: tutto questo gli è molto gradito…”

Molto importante è la gestione dei pensieri che arrivano, ai quali saremmo tentati o di dare ascolto o di scacciarli, distraendoci in entrambi i casi dal nostro ascolto meditativo.

“Non è possibile evitare che l’intelletto abbia, di quando in quando, qualche slancio per applicarsi, e non è necessario perdere il tempo a stare sempre in guardia per impedirglielo, perché questo servirebbe a distrarre; ma dovete contentarvi di tornare semplicemente agli atti della volontà quando ve ne accorgete”.

E torniamo alla nostra tecnica meditativa. Se ti accorgi che non stai più ripetendo la parola, che ti sei distratto con i tuoi pensieri, non preoccuparti, non pensare che stai sbagliando, non pensare che non sei adatto alla meditazione. Semplicemente, riprendi a recitare dentro di te: sa… les…

“Tenersi alla presenza di Dio e mettersi alla presenza di Dio, sono, a mio avviso, due cose diverse. Per mettersi alla presenza di Dio, occorre richiamare l’anima da qualsiasi altro progetto e renderla attualmente attenta a questa presenza, come dico nel libro (Introduzione alla vita devota). Però, quando uno si è messo alla presenza di Dio, vi resta finché con l’intelletto o con la volontà, compie atti verso Dio, sia pensando a Lui e sia pensando a qualche altra cosa per amore di lui, o anche non pensando a nulla, ma parlandogli, o anche senza pensare né parlare a Lui, ma semplicemente rimanendo dove egli ci ha messi, come una statua nella sua nicchia. E quando a questa semplice presenza si aggiunge qualche sentimento, come, per esempio, sentire che apparteniamo a Dio e che Egli è il nostro Tutto, allora, dobbiamo ringraziare la sua divina Bontà”.

San Francesco descrive di seguito nella sua lettera la metafora della statua, che è l’immagine che dobbiamo avere per capire il senso dello stato meditativo, dove noi non siamo più in contatto con noi stessi secondo la nostra personalità, ma secondo il nostro “Vero Sé” in Cristo. Siamo noi che decidiamo di essere come una statua, nessuno ci obbliga a farlo. Se lo facciamo è perché abbiamo già compreso il nostro estremo bisogno di stare alla Sua presenza.

“Se una statua che è stata messa in una nicchia nel mezzo di una sala avesse il dono della favella e le si chiedesse: Perché sei così? Risponderebbe: Perché lo statuario del mio padrone mi ha messa qui. E perché mai non ti muovi? Perché egli vuole che resti immobile”.

Qui lo scopo della immobilità non è una rinuncia alla vita, ma è l’ascolto della Sua volontà affinché entriamo nella vera vita preparata per noi.

“Ah, Figlia mia, che buona meditazione e che bel modo di tenersi alla presenza di Dio, restare nella sua volontà e nel suo beneplacido. Mi pare che la Maddalena fosse come una statua nella nicchia quando, senza dire una parola senza muoversi, e forse, anche senza osservarlo, ascoltava quello che diceva nostro Signore stando seduta ai suoi piedi. Se Egli parlava, ella ascoltava; se Egli cessava di parlare, ella cessava d’ascoltare, ma restava sempre la. Un bambinello che è sul seno della sua madre addormentata, è davvero nel suo posto migliore e più desiderabile, anche se sua madre non gli dice una parola ed egli non dice una parola a lei ”.